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sabato 1 febbraio 2014

Viterbo - Una sentenza del TAR cancella la Città Termale?


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Che le cose a Viterbo non stavano andando bene per niente, e che all’orizzonte si ammassavano grossi nuvoloni scuri, ce lo aveva in qualche modo preavvertito la “sibilla”, che si trova all’interno dell’orologio della Torre dei Priori. Ormai è un dato di fatto scientifico. Quando l’orologio della Torre dei Priori va male, ci sono sempre problemi per Viterbo e per i viterbesi. Tutti ricorderanno che quando Gabbianelli di dimise da sindaco, l’orologio era fermo da più di un mese, e nessuno era in grado di ripararlo. Oggi dopo le varie “montagne russe” della raccolta dei rifiuti e del rapporto con Viterbo Ambiente, ecco la sentenza del Tar che ha assegnato un “mare” di acqua termale alla Società Terme dei Papi. La determinazione del Tar ha avuto l’effetto di una bomba che è esplosa nella callara del Bullicame, che ha ammutolito tutti i politici viterbesi, e sta scoraggiando seriamente chi aveva intenzione di investire nel termalismo. Secondo le dichiarazioni dell’assessore al termalismo Antonio Delli Iaconi (anche lui in silenzio stampa) , le manifestazioni di interesse arrivate al suo ufficio, erano venticinque. Un numero questo che giustificava la nascita di un meraviglioso polo termale, ed era anche l’ultima ed unica possibilità di sviluppo del nostro capoluogo. Adesso, e non si sa per quanto tempo, non si potrà più parlare di città termale, adesso saremo sempre i “soliti viterbesi”, che godono e talvolta spendono anche soldi per bloccare tutte le iniziative di sviluppo. Questa sentenza è ancora una tegola, che si aggiunge alle tante decisioni storiche che anno dopo anno hanno fatto scivolare Viterbo sempre più in basso.
Da più parti si sostiene che la nostra bella città sia succube della maledizione del popolo etrusco. Naturalmente si tratta di voci, credenze, forse superstizioni o anche suggestioni e, come tali, soggettive e difficilmente verificabili. Ma l’attuale situazione del capoluogo richiede, in ogni caso, una approfondita riflessione. Le ragioni di questa situazione, fondano la loro quintessenza, nella prima decisione importante in fatto di grande viabilità presa dai nostri bisnonni intorno al 1860. La ferrovia Linea Centrale Toscana, (così venne in un primo momento chiamata la linea ferroviaria Roma-Firenze), che trovava nel passaggio da Viterbo, la sua naturale posizione geografica, (provate a tracciare su di una cartina dell'Italia, una linea retta da Roma a Firenze: attraverserà Viterbo!), fu fatta passare da Orte. I motivi della scelta non sono ancora noti, qualcuno, successivamente, affermò che due cardinali, membri del Sacro Collegio, non vollero che le loro terre fossero tagliate in due dalla ferrovia, altri che i proprietari terrieri temevano che il fumo delle locomotive facesse inaridire le piante degli ulivi, e altre supposizioni. Fatto sta che il tracciato passò da Orte. Dopo quella prima infausta decisione, purtroppo tante altre hanno preso la stessa piega negativa. Infatti, anche l’autostrada del Sole fu fatta passare da Orte. Nel frattempo, (pioveva sul bagnato), Viterbo e la sua provincia erano anche state tagliate fuori dal territorio della Cassa del Mezzogiorno. Dopo lunghi anni, finalmente, nel 1984 arrivò anche da noi un pezzetto di viabilità moderna con la pericolosa superstrada Viterbo Orte, causa di decine di incidenti, e tanto “super” da non permettere neppure il passaggio dei carichi speciali che escono (o uscivano) dalle fonderie di Terni, a causa dei cavalcavia costruiti ad altezza non a norma. In coincidenza con l’insediamento della famiglia dell’ex Presidente Giovanni Leone, in località Le Rughe, fu ultimato il primo tratto della Cassia bis che nei sogni dei viterbesi doveva presto giungere fino a Viterbo. Dopo oltre trenta anni essa è ancora ferma a Monterosi, mentre la superstrada per Civitavecchia si è fermata, in aperta campagna, poco oltre Vetralla. Tutti questi fattori negativi che, comunque, ostacolano il nostro anche minimo sviluppo, fanno pensare ad una forza negativa che si accanisce su questa nostra terra. Se non è la maledizione degli etruschi, potrebbero anche essere anatemi lanciati da altri personaggi che qui, nel passato, avevano ricevuto rifiuti, torti, o anche beffa delle beffe, favori. Qui il discorso si fa lungo e complesso. Uno dei personaggi da prendere in seria considerazione è, ad esempio, Federico II che non riuscì ad avere ragione di Viterbo neanche con un assedio condotto personalmente, impegnando 27 macchine da guerra, (tra le quali primeggiava la poderosa Maristalla) progettate personalmente, appunto per demolire le possenti mura di cinta di Viterbo. Dopo la bruciante sconfitta egli, ribollente di astiosa, incontenibile ira, sentendosi vicino ai suoi ultimi giorni, scriveva contro Viterbo, queste parole di fuoco: “Morendo vorrei che le mie ossa, se fosse possibile, si levassero dal sepolcro per distruggere Viterbo e se avessi già un piede in paradiso, lo ritrarrei, finché non avessi assaporata nella sua pienezza la vendetta contro i viterbesi, saziandomi del loro sangue e con le mie stesse mani incendiando e demolendo la città.” Superato il terribile assedio, per Viterbo si aprì un periodo d’oro. Infatti, Alessandro IV in lotta con il Comune di Roma decide di trasferire la sede papale a Viterbo e Raniero Gatti il Vecchio, grande Capitano del Popolo, iniziò l’opera di ammodernamento e ampliamento del Palazzo Episcopale creando il monumento storico più bello di Viterbo: il Palazzo Papale. La nostra bella città visse, in quegli anni, il periodo più fulgido della sua storia di tutti i tempi. Vennero qui da noi principi e imperatori; si tenne qui il primo “conclave” della storia (due anni e nove mesi), perché il popolo di Viterbo, rinchiudendo i cardinali a chiave (clausi cum clave) nella sala del consiglio, coniò questo neologismo, ancora oggi in uso. Un periodo che durò quasi venticinque anni, e che volse al termine quando i viterbesi, sobillati da Carlo d’Angiò, sfondarono le porte del conclave mettendo un cardinale Orsini al carcere duro. Martino IV, appena eletto abbandonò Viterbo, e trasferì di nuovo a Roma la sede papale. Questo pontefice che, partendo per Roma, scomunicò Viterbo e maledisse i viterbesi, potrebbe essere un altro “papabile”, (scusate il gioco di parole), ad avere lanciato un anatema verso Viterbo, (proprio lui, che fu eletto al soglio di Pietro, con l’aiuto determinante dei viterbesi). Qualora questa maledizione fosse stata lanciata, sembra sia arrivata tempestiva, perché dopo l’infausta decisione del trasferimento della sede papale da Viterbo, iniziò per la nostra città la parabola discendente che ancora oggi, purtroppo, non si è ancora arrestata. Ma non dobbiamo dimenticare che un pesante anatema potrebbe essere lanciato, quotidianamente, alla nostra bella città dai tanti e poi tanti viterbesi, che nulla hanno fatto e niente fanno per cambiare veramente in meglio Viterbo, e qui parliamo soprattutto dei politici viterbesi (l’elenco sarebbe lungo) che, anche trovandosi nelle condizioni di aiutare la nostra bella città, si sono sempre astenuti dal farlo, o lo hanno fatto nella misura minima indispensabile. La sentenza del Tar è ancora un altro tassello che si aggiunge al mancato sviluppo di Viterbo. C’è qualcuno che afferma che Viterbo è una bella città..... aggiungendo, subito dopo, peccato che poi ci siano i viterbesi. Forse la vera maledizione è proprio questa. Come a dire: “Non cercar per monti e valli quel che hai vicino ai calli.” Giovanni Faperdue     

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