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mercoledì 2 maggio 2012

Franco Libero Manco: "...alimentarsi di cadaveri è aberrante!"

Come ha potuto l’essere umano, dotato di senso estetico, di sensibilità emotiva, di ragione, scendere, in fatto alimentare, più in basso degli sciacalli, delle iene, dei serpenti? Come è possibile che consideri una ghiottoneria il cibo adatto ai leoni, alle tigri, ai serpenti? Come è possibile mangiare ciò che puzza, che è proprio delle salme, delle mummie, delle sostanze morte? Come è possibile mettere nel proprio stomaco un altro stomaco, il cuore, il fegato, la milza, la gamba di un animale che era coperta di piaghe e di croste?

Come è possibile che l’essere umano sia arrivato a considerare una prelibatezza le parti anatomiche di un essere che poco prima camminava, respirava, pensava, mangiava, faceva l’amore, produceva escrementi? Che differenza c’è tra le interiora tolte ad un uomo sezionato in obitorio e le interiora di un vitello spaccato dai macellai?

Come può l’essere umano comportarsi come gli animali predatori, avere oggi atteggiamenti consoni agli uomini delle caverne? Come è possibile che guardando al cadavere di un animale morto e appeso ai ganci di un luogo infernale quale è la macelleria possa pensare che quella massa di carne in via di decomposizione, che andrebbe seppellita, la consideri buona da mangiare? Come è possibile che non provi sgomento, disgusto, vomito e vergogna di se stesso?

Come è possibile per l’uomo (che si considera superiore agli animali) considerare squisito il latte uscito dalle mammelle di un animale e consumare le uova generate dall’utero di una gallina?

Come ha potuto arrivare ha negare l’evidenza della similitudine tra il suo dolore e il dolore degli animati, tra il suo pianto, la sua disperazione è l’identico sentire di un animale condotto al macello? A non vedere la similitudine tra gli occhi di un animale e i suoi occhi, tra il suo fegato e il fegato di un animale, al punto da considerarli cibo per il suo stomaco?

Come è possibile che l’essere umano riesca a calpestare il proprio cuore e la propria coscienza condannando ad una vita infernale e all’esecuzione capitale creature dotate di ragionevolezza, sentimenti e capaci di accusare il dolore forse più dell’essere umano? Come ha potuto arrivare a simile ingratitudine e al disprezzo di creature bellissime, miti, forti poderose, che nei millenni lo hanno servito, protetto, e che come schiavi, lo hanno sollevato da lavori durissimi?

Per quale assurdo maleficio l’uomo si è trasformato nel più insensibile dei carnefici? A mio avviso tutto questo è potuto accadere perché il popolo ha sempre cercato di imitare il ricco dissoluto convinto che se il re mangia la carne, se il medico la raccomanda e il prete la benedice, non può che essere una condizione da ambire.

Naturalmente la regola vuole che l’animale debba essere necessariamente ucciso e non mangiato dopo morte naturale: si rischierebbe veramente di essere considerati mangiatori di cadaveri.

Franco Libero Manco
Presidente A.V.A.

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