Presentazione



In movimento per ecologie, vivere insieme, economia sostenibile, bioregionalismo, esperienza del se' (personal development).

martedì 30 dicembre 2014

Viterbo - Solidarietà al femminile: "Erinna"



L'associazione "Erinna" di Viterbo e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto).

Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza.

E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole.

Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia.

Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne.

Il centro mette a disposizione:
- segreteria attiva 24 ore su 24;
- colloqui;
- consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio;
- attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione.

La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate.

L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza.

Associazione onlus Erinna - donne contro la violenza alle donne, tel. 0761342056, e-mail: onebillionrisingviterbo@gmail.com, e.rinna@yahoo.it, sito: http://erinna.it)


lunedì 29 dicembre 2014

Treia, come eravamo... Una memoria "bioregionale" di Caterina Regazzi




Mia nonna ricorre spesso nei miei pensieri. Ogni  volta che vado a Treia con Paolo andiamo a fare una visita al locale cimitero e. dopo essere stati dai miei genitori ai quali l'ho "presentato" come il mio fidanzato, siamo stati anche dai miei nonni materni, Anna e Vittorio. 

Lui è morto molto giovane, 31 o 32 anni al massimo, lasciando vedova mia nonna, 36 anni (6 anni più di lui) altrimenti nominata "Annetta", con una figlia, mia madre, di appena due mesi. Già da questo inizio, cara Antonella, ti puoi immaginare che la vita di mia nonna non è stata semplice. Dopo il parto, poi, aveva avuto le febbri puerperali e quindi aveva dovuto "abbandonare" mia madre nelle mani di una balia, amorevole si, tanto che mia madre (Gina), quando mia nonna è andata per riprendersela, a circa un anno (?) non ne voleva sapere di andarsene da lì, ma pur sempre una balia.

Io, come molti figli "ingrati", ho sempre incolpato mia madre di scarsa affettuosità nei miei confronti, ma negli ultimi anni l'avevo un po' "perdonata" pensando all'infanzia che deve aver passato, senza padre e con una madre giovane vedova, infanzia di cui lei comunque non si è mai lamentata, anzi, lei ha sempre adorato sua madre, mia nonna e se raccontava qualche episodio della sua infanzia erano esclusivamente ricordi felici.

Mia nonna era nata nel 1898, a detta di Paolo, anno del Cane, e quindi da lei avrò pur preso qualcosa essendo io nata la stagione del Cane (Bilancia), mentre mia madre era del 1932, lei Scimmia, e Paolo è un altro Scimmiotto (1944).

Erano 9 tra fratelli e sorelle. Io non li ricordo tutti neanche nel nome. Alcuni erano morti da piccoli, alcuni altri sono emigrati in Argentina e di questi se ne erano perse le tracce, i rimanenti erano, oltre mia nonna, due fratelli più piccoli (Antonio - Antò- e Giuseppe - Peppe) e una sorella più grande, Maria (Mari'). Questi li ricordo tutti bene. So che lei, essendo rimasta in casa più a lungo dell'altra sorella (mia nonna si era sposata a 35 anni) aveva fatto un po' da "servetta" ai fratelli curandoli amorevolmente fino a quando non si erano sposati, tutti e tre in tarda età (specialmente mia nonna) e quando in estate mi trasferivo a Treia per tre mesi con lei, sulla credenza c'erano sempre e specialmente il martedì, giorno di mercato, il ciambellone e il vermouth, per accogliere degnamente i fratelli e i nipoti in visita, dato che, mentre noi stavamo in paese, nella casa che ora accoglie Paolo, gli altri facevano i contadini e vivevano nelle campagne circostanti. 
Era una gran festa per mia nonna ricevere i suoi fratelli, si volevano veramente una gran bene ed era commovente vederli abbracciarsi, baciarsi e ridere insieme. Mia nonna aveva una pancia molto voluminosa e quando rideva questa pancia sembrava si animasse, ballava con lei.................... 

Dopo la morte di mio nonno e il "recupero" della figlia mia nonna si dovette rimboccare le maniche ed trovò un lavoro da "governante" presso un uomo che aveva fatto i soldi emigrando in Argentina. Non so in seguito a quale incidente o malattia aveva perso una gamba (aveva la gamba di legno, anzi , ne aveva due, una per i giorni normali ed una per i giorni di festa) ed era tornato in Italia, ad Appignano, un paesino vicino a Treia ma ancora più piccolo (e meno bello). Aveva bisogno di chi lo accudisse , mia nonna aveva bisogno di lavorare e così lei si trasferì con la piccola "Ginetta" in quel paesino, famoso per la produzione di cocci e coccetti, terrecotte anche di piccolissime dimensioni con cui ho sempre giocato anche io da bambina e per le fabbriche di mobili.

Lui si chiamava Giacomo Andreani, detto "Andrià":era un uomo burbero, ma generoso e mia madre era una bimbetta che sapeva farsi voler bene (come tutte le Scimmie); lui la teneva sulle ginocchia e forse le raccontava le storie della sua gioventù. Quando morì lasciò a mia nonna del denaro con cui lei acquistò la casa di Treia, dove si trasferì e dove mia madre visse la sua giovinezza. 

La casa era su due piani abitabili, venne acquistata in blocco dalle due sorelle Annetta e Marì, indivisa (la divisione fu fatta successivamente alla loro morte dai figli, cose di eredità) un piano lo abitò mia nonna e il piano superiore sua sorella. Ma ecco che ricominciavano i problemi economici per la piccola famiglia, allora mia nonna si trasformò in "pensionante", cioè affittava le stanze ai "forestieri" fino anche a cedere il suo letto a gente che veniva da fuori per lavoro, tra cui preti e professori. Lei si arrangiava a volte a dormire su una grande e dura cassapanca, che ora, dopo essere stata restaurata e lucidata, fa bella mostra di sé nel mio soggiorno a Spilamberto. Prima era passata da Bologna, dalla casa dove vivevo con il padre di Viola, e quando mi sono separata e me ne sono andata è stato l'unico mobile che ho voluto portare via con me.

Mia madre ricordava quello come un bel periodo della sua vita, in mezzo a gente da cui imparò ad amare la lettura e , nella sua semplicità, una certa cultura.

E mia nonna cucinava e cucinava...... E cucinando cucinando ha trasferito la sua attività da Treia a Roma, seguendo mia madre che nel frattempo si era sposata con mio padre. Chissà se ha sofferto nel lasciare il suo paese e i suoi fratelli! Forse la consolava il pensiero che, comunque, era previsto e così è stato finché è vissuta, che la bella stagione lei la passava comunque a Treia con me, che dopo due anni sono venuta al mondo.

A proposito di cucina le sue specialità, che sono poi le specialità della sua zona di origine erano: vincisgrassi, una sorta di lasagne con un sugo di carne particolare, come è il sugo di carne alla marchigiana, cioè con carne di manzo e odori (cipolla e poco altro) a pezzi e non tritati come nel ragù alla bolognese (la specialità dell'altra mia nonna, ma questa è un'altra storia, meno conosciuta da me e meno variegata), gnocchi di patate, con il solito sugo di carne (questi li faceva altrettanto buoni, se non addirittura migliori, mia zia Augusta, una cugina di mia madre, figlia di quella zia Marì), ravioli di ricotta, tagliatelle (entrambi col solito sugo), tagliolini in brodo........

Quanto mi piaceva vederle fabbricare con perizia e precisione quei manicaretti! 

Per i ravioli faceva la sfoglia rigorosamente a mano sul tagliere col mattarello, poi la tagliava a quadri, metteva al centro di ognuno un mucchietto di ripieno fatto con ricotta di pecora, parmigiano, uova, sale e un po', se non ricordo male, di noce moscata. Ogni riquadro veniva ripiegato in due a forma di rettangolo e per chiudere meglio i bordi veniva usato un ditale, premuto in quattro punti con la precisione di una macchinetta. La festa continuava per me che ero addetta alla ripulitura con le dita della ciotola in cui era stato il ripieno... che dopo il mio intervento riluceva come appena uscita da una lavastoviglie.

I tagliolini erano l'apoteosi della precisione: dopo aver fatto la sfoglia ed averla fatta un po' asciugare, veniva arrotolata stretta e un po' schiacciata e poi, tenuta ferma con la mano sinistra, con la destra armata di un coltello con la giusta affilatura veniva "affettata" come un salame con un ritmo cadenzato e regolare che produceva un rumore che ancora mi risuona, dopo più di 40 anni, nelle orecchie: "zum! zum! zum! ......" ed ogni 10 - 15 tagli, la sfoglia affettata veniva aperta a formare dei nidi che poi venivano lasciati sul tagliere ad asciugare. La misura del taglio veniva data dalle dita della mano sinistra sfiorate ogni volta da quel coltello affilato ed io tutte le volte mi domandavo, tra me e me: "Ma come fa a non tagliarsi mai?

A quel tempo mia madre lavorava, era un'infermiera (lei ci teneva a sottolineare che era un'infermiera professionale con diploma di caposala), ma aveva lavorato in ospedale per pochi anni, a Roma, poi, dopo la mia nascita, aveva deciso di lasciare l'ospedale per un lavoro più tranquillo, più vicino a casa, senza i turni massacranti e “sfasanti” che ancora oggi gli infermieri che io sappia devono fare. Mia nonna era un grosso aiuto per lei. Mia madre non sapeva cuocere neanche un uovo al tegamino, mia nonna non la voleva in cucina e le diceva: “Tu hai studiato, pensa a fare bene il tuo lavoro, a far da mangiare imparerai quando non ci sarò più!”. 

E così è stato: mia nonna se n'è andata in fretta, senza darci tanto da fare in un inverno in cui una brutta forma di influenza ne portò via tanti, quando io avevo 10 anni e mia madre 37. Mia madre ha cucinato per qualche mese fettine di carne, pasta al burro e minestrina di dado, dopo di che, forse per disperazione sua, mia e di mio padre, ha cominciato a comprare libri di cucina ed uno in particolare: “La cucina dalla A alla Z” di Carnacina e, tra tutte le ricette disponibili sceglieva quelle della cucina romanesca. Pur non essendo romana evidentemente voleva fare parte di quella terra che l'aveva così amorevolmente accolta e così giù con code alla vaccinara, penne all'arrabbiata, bucatini all'amatriciana, spaghetti alla carbonara, coratella coi carciofi.... aveva una sapienza nell'aggiungere la giusta dose di sale e di aromi, dare quel tocco che seguire pedissequamente una ricetta non può dare, come se anche in lei geneticamente ci fosse una predisposizione naturale a dare ai cibi la giusta amalgama di sapore. Essendo cresciuta con questi sapori, come potrei mai disprezzare la carne ed avercela con chi, senz'altro più di me, la consuma?

Caterina Regazzi


























sabato 27 dicembre 2014

Società Teosofica - Gli opposti pareri di René Guénon e Bernardino del Boca


Bernardino del Boca

“ Boca, 4-10-75: ... Ho abitato in quasi tutte le città del mondo, e gente mi ha guardato pensierosa quando, nel mio sorriso, ho nascosto ciò che vedevo, ciò che sentivo. Ieri mi ha telefonato mio fratello per offrirmi in dono un libro di Guenon, il più vuoto e  mistificante paladino della mente. I seguaci di Guénon, se fanno l’esame di coscienza, non trovano che meschinità, inganno e confusione nella loro vita. Ma ho accettato il dono, perché anche nella sua voce ho percepito l’eco di voci che gridavano. Le voci che vogliono nascere, ma non ci sono levatrici per le voci....”
(Bernardino del Boca  antropologo teosofo  - 1919-2001-  dal suo libro – “Singapore-Milano-Kano” ed. 1976 pag. 271)
 “Più volte ci è stato indicato il libro “René  Guénon “Le Theosophisme Histoire d’une Pseudoreligion   ” come la maggiore opera intesa a  demolire la Società Teosofica punto per  punto”, come si compiacque di affermare  il prof. E. Servadio, ma certamente nessuno dei sostenitori di questa pretesa non ha mai letto quest’opera con senso critico e cognizione dei fatti ivi narrati poiché diversamente non avrebbero osato formulare una simile affermazione....  Il  libro di Guénon si smentisce da sé e fa effetto  soltanto su coloro che sono del tutto digiuni della storia della S.T. e della sua letteratura...... Dalle brevi note biografiche possiamo comprendere il profilo psicologico dell’autore: egli criticava tutto quanto non si accordava con il suo punto di vista dogmatico di un imprecisato “tradizionalismo primitivo” del quale si autodefiniva un’autorità indiscutibile.... Il titolo stesso del libro “Teosofismo – storia di una pseudoreligione” sfonda porte aperte e tradisce la presunzione o l’ignoranza del suo autore oppure la ricerca letteraria del paradosso nel gioco delle parole, fidandosi dell’ignoranza dei lettori. A tutti è noto che la S.T. ha da sempre soltanto ed esclusivamente i suoi tre scopi e questi non hanno nessuna caratteristica di religione, la quale consiste invece, come lo sa ogni scolaro, “nell’insieme di riti e comandamenti che gli uomini osservano per onorare la divinità”. La S.T. o il “teosofismo”, come lo definisce Guénon, non ha nessuna di queste caratteristiche pertanto non è né religione, né pseudoreligione e ciò risulta lapalissiano a chiunque conosca il significato delle parole ed esamina la letteratura teosofica, senza preconcetti.
 
 La Teosofia è semplicemente l’insieme degli insegnamenti fondamentali comuni a tutte le religioni, filosofie e scienze, intesa a conciliare gli antagonismi esistenti su un piano di convergenza o di comuni denominatori, per trascendere le divergenze stesse e promuovere la fratellanza tra le opposte “distinzioni”.
 
... Guénon accusa Blavatsky di ogni possibile irregolarità attribuitale dai suoi nemici. Ad esempio afferma che H.P. Blavatsky si è inventata i termini come “Mahatma, “Fohat” ecc. usati nella letteratura teosofica che R. Guénon menziona:” ...non basta dire che  questi Mahatma non sono mai esistiti che nella immaginazione di M.me Blavatsky e dei suoi associati...d’altro canto la parola stessa “Mahatma” non ha mai (!) avuto in sanscrito il significato che H.P.B. attribuisce poichè questa parola indica in realtà (?) un principio metafisico (!) e non si può applicare agli esseri umani....”
 
Da ciò risulta evidente che R. Guénon non ha mai sentito parlare di Gandhi, noto anche all’uomo della strada come “Mahatma”, termine sanscrito “Maha+atman” “anima grande” o “magnanimo” che troviamo in ogni dizionario.
 
Tra le più subdole accuse nei confronti di H.P. Blavatsky vi è l’affermazione di R. Guénon che la S.T. “è soprattutto uno strumento al servizio dell’imperialismo britannico.... testimoni di ogni fede (!) ci hanno assicurato che H.P. Blavatsky durante il suo soggiorno in India riceveva dal governo inglese una sovvenzione annuale assai cospicua...”  La sua accusa infamante la basa soltanto su anonimi “testimoni” che l’hanno assicurato di un tanto, senza alcuna ombra di prova.  Troviamo invece nel diario del col. H.S. Olcott, confermato anche da altre fonti, quanto segue: “L’unico inconveniente al nostro piacere di essere in India era la presenza della polizia e dei suoi servi i quali sorvegliavano i nostri movimenti, intercettavano le nostre lettere, leggevano i nostri telegrammi e cifacevano sentire come se fossimo incappati per errore nella terza sezione della polizia segreta russa....” Altro che laute sovvenzioni dal governo britannico!
R. Guénon si trova in contrasto con sé stesso nel voler denigrare H.P. Blavatsky ad ogni costo. Qui insinua che fu al servizio del governo britannico, d’altro canto accetta come valido il Rapporto di R. Hodgson nel quale H.P. Blavatsky è accusata di spionaggio a favore della Russia! Quale delle due versioni è logica? Del resto analoghe accuse R. Guénon rivolge anche ad Annie Besant che considerava un agente britannico...R. Guénon naturalmente ignora il fatto che il Congresso Nazionale Panindiano che portò l’India all’indipendenza è stato promosso da un teosofo (O. Hume) magistrato a famoso naturalista nel 1885 e definito il “Padre del Congresso”. A sua volta Annie Besant fu eletta presidente dello stesso Congresso Nazionale Panindiano e,  prima di Gandhi, nel  1916 e  nel 1917, fu internata dal  Governo britannico per la sua attività a favore dell’indipendenza dell’India.  S. Radhakrishnan, Presidente dell’India, ebbe a scrivere:  “Nel tempo in cui ogni genere di disastri  politici e rovesci economici mettevano in dubbio i valori e la validità della nostra cultura, quando ogni cosa intorno a noi e la secolare educazione sembravano screditare la cultura indiana che ci portò a tale situazione, il Movimento Teosofico rese un grande servigio rivendicandone i valori ideali....L’influenza può essere conscia o inconscia, ma l’influenza del Movimento Teosofico in generale sulla società indiana è incalcolabile”.
Questa testimonianza vale più di tutte le subdole insinuazioni di pigmei..... L’omaggio  del Mahatma Gandhi per la morte di Annie Besant nel 1933: “Finchè esisterà l’India vivrà pure la memoria dei suoi magnifici servigi resi all’India. Essa si è affezionata all’India facendola sua patria di adozione e dedicandovisi totalmente...”Krishnamurti quando seppe della sua morte disse cinque parole che dicono tutto “Per me era una madre”!
Di fronte a tali e tante testimonianze vediamo che le critiche mosse da R. Guénon sono veramente meschine perché cerca di ingigantire le carenze vere o supposte altrui allo scopo di screditare persone e istituzioni ed attribuirsi una competenza ed autorità inesistenti.
Più volte René Guénon insinua che i Mahatma teosofici non sono mai esistiti salvo che nella fantasia di H.P. Blavatsky, ma non prende neppure in considerazione il fatto che la credenza nei Mahatma, Maestri o Rishi è tradizionale in India e che vi furono molte persone veramente degne di fede, anche fuori della cerchia della S.T.,  che li incontrarono e riconobbero dalle descrizioni contenute nella letteratura teosofica. Basterebbe citare la testimonianza di Aurobindo, di Ramana Maharshi. di Ramakrishna, ecc. Ma se questi Mahatma esistono veramente, come infatti esistono e che la Società Teosofica è stata promossa da Loro, ciò ha un’immensa portata che ogni persona benpensante dovrebbe tenere presente.

In questi articoli su “René Guénon la Società Teosofica e la Teosofia” abbiamo presentato un breve riassunto dei principali punti della sua opera “Theosophisme, histoire d’une Pseudoreligion” che, secondo il prof. Servadio, doveva “demolire la S.T. punto per punto”, ma che  in realtà, non ha fatto che esibire la pochezza del suo autore.

 
(Da “René Guenon, la S.T e la Teosofia” di Edoardo Bratina – Segretario Nazionle STI dal 1971 al 1995 - Rivista STI  maggio-settembre 1982) -
 

René Guénon

giovedì 25 dicembre 2014

Futuro eccezionale e Riciclaggio della memoria



caro paolo ieri casualmente mi sono incuriosito nell incipit 
http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2014/12/mercatino-di-natale-stupefacente-vignola.html
e ho visto un film dei fratelli vanzina, si, proprio i fratelli vanzina quelli dei cinepanettoni di sapore di mare, viaggi di qua e viaggi di la, il film s'intitola parafrasando proprio i vanzina: " 2061, un anno eccezionale". Un film visionario paradossale apocalittico surreale e soprattutto demenziale, un autentico capolavoro
soprattutto nei testi. mentre nei costumi e in alcune scene si poteva fare un po
di più, ma il nostro cinema non e' ricco come quello americano. ora ho scaricato
film su mio computer e lho ascolto più che vederlo, con tutte le invenzioni
meta linguistiche paradossali vicine alla psicocibernetica, la montagna di
spazzatura più alta del mondo, la salerno reggiocalabria enorme striscia di auto
abbandonato dopo la fine del petrolio, il sultanato delle due sicilie
ecc ecc. il film si conclude con la frase che da anni sento ripetere in giro:

il futuro non e' più quello di una volta!

incuriosito clicco su internet la frase e mi si svela l arcano, ivan tresoldi
poeta e graffitista in arte ivan pare ne sia l autore.

chi getta semi al vento farà fiorire il cielo (ivan)

le chiacchiere se le porta il vento
ma senza chiacchiere non si fanno castelli in aria

ho detto tempo fa a una maestra durante un laboratorio.
lei fa: e no! non va bene! chi fa castelli in aria va a finire
che poi ci rimane a vivere nel castello che si e' costruito!
io le rispondo che ce di male , se ci si trova bene!
e lei ancora: e che mangia, le chiacchiere?
perche no! rispondo io, le chiacchiere sono molto buone, solo che si mangiano a
carnevale ora e' quasi natale e si possono mangiare le neole o nevole,
biscotti tipici abruzzesi che ricordano la forma delle nuvole.
lei continuando ad elogiare la parola scritta esclama:
scripta manent! io concludo la frase con:...e verba volant!
lei mi guarda sorride e dice: ecco ora si che va bene!
allora chiudo la discussione con l ironico:
verba volant...terra manent!
e chi vuol capire capisca.

musica di chiacchiere
per fare castelli in aria

Tornando a Riciclaggio della Memoria, 

http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/
mentre leggo un brano ho l impresione di entrare in sistema linguistico fantastico
tipo le architetture impossibili di cornelius escher mi chiedo che sia proprio
questo il senso del riciclaggio? questa direzione mentale che mi fa percorrere
tutta la spirale linguistica fino alla fine del brano per poi ritrovarmi  all
inizio della spirale senza averne afferrato il senso!


Ferdinando Renzetti

Riciclaggio della memoria

mercoledì 24 dicembre 2014

Paris - Décerné le prix de la Carpette anglaise 2014


Réuni chez Lipp le 17 décembre 2014, sous la présidence éclairée de Philippe de Saint Robert, le jury composé de représentants du monde littéraire[1], politique et associatif[2], a décerné le prix de la Carpette anglaise 2014 à un membre des « élites françaises » qui s’est particulièrement distingué par son acharnement à promouvoir la domination de l’anglo-américain en France au détriment de la langue française.
A été distingué, au premier tour de scrutin, M. Pierre Moscovici, membre de la Commission européenne pour avoir adressé à M. Michel Sapin, ministre des Finances et des Comptes publics, une lettre entièrement en anglais.
Le prix à titre étranger[3] a été attribué, au premier tour de scrutin, à Mme Paula Ovaska-Romano, directrice du Département des langues et directrice par intérim de la Direction générale de la traduction de la Commission européenne, pour avoir violemment tancé en anglais une responsable associative qui la sollicitait en italien et avoir qualifié, à cette occasion, l’italien de « langue exotique ».
Que déshonneur leur soit rendu !
[1] Hervé Bourges, Benoît Duteurtre, Paul-Marie Coûteaux  sont membres de l’académie de la Carpette anglaise.
 [2] Association pour la sauvegarde et l’expansion de la langue française (Asselaf), Avenir de la langue française (ALF), Cercle des écrivains cheminots (CLEC), le Collectif unitaire républicain pour la résistance, l’initiative et l’émancipation linguistique (COURRIEL), Défense de la langue française (DLF) et Le Droit de comprendre (DDC).
 [3] Le prix spécial à titre étranger est attribué à un membre de la nomenklatura européenne ou internationale, pour sa contribution servile à la propagation de la langue anglaise.
Contact : Marc Favre d’Échallens, secrétaire de l’académie de la Carpette anglaise.
Courriel : parlerfranc@aol.com 

Académie de la Carpette anglaise, chez Le Droit de Comprendre, 34 bis, rue de Picpus, 75012 Paris.
.....................
Commento aggiunto: 
Je reviens sur cette affaire pour fournir des éclaircissements, à mon avis importants.

Si mes souvenirs sont bons, Mme Paula Ovaska-Romano a réagit, en anglais définissant l’italien une « langue exotique », à une information, diffusée en italien, non pas par une personne mais par « Action et Défense » un syndicat de fonctionnaires de la fonction publique européenne.

De mon point de vue, cela est particulièrement grave et devrait être stigmatisé avec vigueur parce que cela dénonce un état de confusion et de prévarication linguistique au sein même des services de la Commission Européenne.

Anna Maria Campogrande

lunedì 22 dicembre 2014

Dal presepe di Abidjan... scrive padre Dario Dozio



Abito alla Casa Regionale SMA di Abobo Doume ormai da quattro anni. Bel posto, nella
periferia d’Abidjan, sulla collina che domina la laguna. Un giardino con palme da cocco, ventilato a
dovere dalla brezza marina, vista panoramica e poco chiasso : giusto le sirene dei battelli che salutano l’Africa quando prendono il largo. In faccia si vedono i grattacieli del Plateau, tutt’attorno l’acqua. Qui vengono i miei confratelli che lavorano nelle missioni dell’interno quando devono curarsi la malaria o passare qualche giorno di riposo. E tutto sarebbe perfetto … se non ci fosse, a venti metri dall'ingresso, il punto di raccolta immondizie del quartiere. Mattina e sera, colonne di ragazzine arrivano con i loro bidoni-pattumiera in testa e riversano mucchi di rifiuti in tre grandi cassonetti, che immancabilmente debordano di ogni marciume. Aggiungi il caldo, sempre sopra i 30 gradi, l’umidità al 90%, i topi di ogni dimensione che si rincorrono felici … e vi lascio immaginare l’odore pestilenziale che ne esce. Per fortuna ci pensa la brezza, che soffia quasi sempre in nostro favore, a allontanare il tanfo. Ma le mosche non ci fanno caso e si aggirano a nuvole nei dintorni.

Al mattino, quando celebro l’eucaristia, devo stare sempre in guardia: i grossi mosconi verdi hanno un gusto spiccato per il vino da messa e un’abilità straordinaria a ficcarsi nel calice quando meno te l’aspetti. Il camion del comune, quando funziona, passa per la raccolta dei rifiuti un paio di volte la settimana. Abbiamo provato a chiedere di spostare la discarica altrove, ma non c’è verso di ottenere una risposta favorevole. Se poi pensi che non esistono le fogne e ai bordi delle strade liquami di ogni sorta colano a cielo aperto per finire nella laguna sottostante, è un miracolo non prendersi subito il tifo o qualche epatite. Davvero c’è un angelo che ci protegge! Per il momento anche l’ebola sembra arrestata alla frontiera liberiana.

L’altro giorno, mentre apro il portone di casa, vedo qualcosa muoversi nel mucchio delle immondizie. Troppo grosso per essere un topo! Mi avvicino … ed ecco sbucare una testa, poi tutto il resto che esce dai rifiuti: un ragazzone sui trent’anni, mezzo vestito e avvolto da sacchi di plastica. Mi sorride. Parla correttamente il francese.

Mi accovaccio lì vicino (difficile sedersi nel lordume puzzolente!), scaccio come posso le mosche che mi assalgono e cominciamo a dialogare. Si chiama Pepéss. Da una settimana la discarica è diventata sua dimora. La gente lo conosce: abitava nel quartiere e frequentava il liceo. Poi un giorno, non si sa come, è partito di testa: si è messo a girare nudo per le strade, parlando con fantasmi che solo lui vede. Difficile da spiegare: qui la gente pensa subito alla stregoneria: qualche maleficio prodotto da un parente geloso o una punizione per aver trasgredito alle regole ancestrali. Intanto alcuni passanti mi vedono e si avvicinano,m restando a debita distanza. Mi dicono che Pepéss era il migliore della sua classe e che aveva ereditato una bella somma da uno zio. Altri parlano di droga e di alcool: si sarebbe bruciato il cervello in stravizi. Comunque ora è disteso nei rifiuti e dice di trovarsi proprio molto bene.

Io invece no. Ma come faccio a restare tranquillo con un giovane, malato mentale, abbandonato da tutti e che dorme nell’immondizia a pochi metri da casa mia. Ora poi che è Natale e tutt’intorno risuonano dolci musichette tradizionali. I miei cristiani hanno decorato la cappella con tanti nastri colorati per accogliere Gesù nella notte santa e mi chiedono dove fare il presepio…

Quest’anno il mio presepio è quel mucchio d’immondizie! Il povero Cristo che vi è disteso, non ha niente di poetico, anzi puzza di brutto ed è coperto di mosche. Ma è il Signore Gesù, in tutto il suo mistero di umanità debole e sofferente.

Gli ho portato da mangiare: volentieri ha accettato pane e sardine. Non sono invece riuscito a convincerlo di lavarsi : lui ride e si rovescia l’immondizia sulla testa. Gli ho trovato dei buoni abiti: ma preferisce i suoi sacchi di plastica. Ho contattato i suoi parenti: non vogliono saperne di riprenderselo in casa; hanno paura, credono che la malattia mentale sia contagiosa. Prossimamente cercherò di farlo ricoverare in un centro dove curano queste malattie, come da Grégoire à Bouaké.

Così stavolta la mia letterina di Natale è poco poetica e non ha nemmeno una bella finale. Non so come andrà la storia di Pepéss. Ci saranno dei pastori a fargli visita? Qualche Re Magio gli porterà un piccolo dono? Oppure un nuovo Erode lo farà scappare altrove...

Di una cosa però sono sicuro: i cassonetti dell’immondizia stavolta mi hanno regalato il presepe più vero dei miei 34 anni d’Africa.


p. Dario Dozio 04 BP 884Abidjan 04 COSTA D’AVORIO cell. (00.225) 07.42.54.69 e-mail: dario.dozio@gmail.com

domenica 21 dicembre 2014

DARSENA, DINTORNI E PESCI FRITTI (succede a Milano)



  1. Chi vende salami dice:”Non è male
    il balzo da tugurio a marchè comunale”.
    Ma turista colto (e non dall’ebbrezza)
    da lontano l’osserva:”E’ una schifezza”.
    NAVIGLIO GRANDE! Nostro monumento
    per ristrutturarlo colate di cemento.
    C’erano nelle sponde mattoni rossi;
    per la viad’acqua messi a vestir fossi.
    Per sceglier tra le ditte la GI.MA.CO.
    consultato con cura han grosso abaco.
    GIA’ IN PRECEDENZA FU “FURIA” MAFIOSA;
    DAMANERA SCRISSE “DELL’AMSA E’ SOLO COSA”
    (continua a chiuder occhi e a quattro siamo:
    FURIA, MALTAURO, GIMACO… e diman sappiamo)
    (scommetto sul quarto nome)
    Se Furia l’isolotto ha spiantumato
    Gimaco grande esperta è di selciato.
    Poiché in altro EXPOlavoro è impegnata
    a chi grazie dobbiam per la frittata?
    Coi cittadini ingaggia grandi duetti.
    La mafia impazza da cantine ai tetti.
    PISAPIA dice “Abbiam ben controllato!”
    vero non è se han fatto pria il selciato.
    “DARSENA TORNATA E’ AL SUO SPLENDORE”.
    Avrà sindaco bisogno del dottore?
    Prima di dire “PIU’ BELLA DEL REAME”
    legga che scrive architetto BELTRAME.
    Quattro architetti per orrenda vista (il progetto BODIN).
    Volean forse imitar “MERDA D’ARTISTA”?
    Oppur qualcuno lor ridusse i fondi
    per favorir viad’acqua e girotondi?
    COMMERCIO volle far nuovo baretto (un’oscenità!)
    è acconcia locazion di gabinetto!
    Per ROZZA l’approvò Soprintendenza.
    Era di lenti lei restata senza?
  2. Assisi a “BODEGUITA DEL MEDIO”
    cuba libre gustan per lenir il tedio.
    Di lunga coscia arrivan due ragazze,
    prezzo sussurrano. “Ma voi siete pazze!”
  3. Oste, il vostro pesce è fresco?
    Non vedi come balla sovra il desco?
    DAL PO, PER IL TICINO E IL NAVIGLIO
    ARRIVA IN CUCINA IN BATTER CIGLIO.
  4. Anche con spazio e affitto regalato
    (gli “amici” si vedono nel bisogno)
    il prezzo al Kiosko sembra già aumentato.
    Ci voglion eurosei per cartoccetto,
    a spanne si direbbe un paio d’etto.
  5. PESCI PICCOLI
    Si vocifera che, quando al centro di Piazza XXIV maggio
    arrivarono gli agenti della DIA per i controlli,
    i titolari di GIMACO abbiano esclamato:
    “ANCHE NOI SIAMO FRITTI”.
    Luigi Caroli – 20 dicembre –
    da Rime tempestose ediz. Piccanti

sabato 20 dicembre 2014

Lavorare in carcere è rieducativo




Notizie recenti di stampa dicono che nelle carceri italiane lavora soltanto il 5% dei detenutiE dicono anche che questi detenuti lavoratori sono quelli che più facilmente recuperano la loro posizione e dignità sociale.

Il fatto è scandaloso, se si pensa che la fondamentale moderna finalità delle carceri è proprio il recupero del detenuto alla società, alla moralità onestà dignità sociale.

Mentre siamo di fronte ad un esercito di detenuti che giacciono nell’oziomentre si sa che il lavoro è necessario alla stessa integrità psicologica e morale della persona.

Che cosa fanno tutti questi direttori, questi che al carcere presiedono, e gli eventuali medici e psicologi e cappellani che abitualmente vi operano? Che cosa pensano di ottenere da questa turba oziosa? come pensano di adempiere la legge che vuole che il carattere della pena sia medicinale e serva al recupero del carcerato, e sapendo che questo è lo scopo del carcere?

Perché il lavoro è stato escluso dal carcere? per quale ragione o disragione?. Perché questo assurdo principio che regge l’intero sistema carcerario?

Noi cittadini chiediamo che il lavoro sia introdotto in tutto il sistema carcerario italiano.

Un lavoro che al carcerato è necessario al suo stesso equilibrio; e ciò gli sia spiegato.

Un lavoro che corrisponda il più possibile a quello che già sempre facevanon certo un lavoro forzato; che sia nel carcere o fuori.

L’essenza della pena è la privazione della libertàOgni altra misura affittiva deve scomparire:  le celle piccole col finestrino in alto, il cattivo letto o i letti a castello, il cibo cattivo.

Il carcere dev’essere non diverso da un modesto albergo. Il vestito sarà il solito, il cibo sarà buono, ci sarà un’offerta culturale, la scuola per gli incolti, la biblioteca, il teatro, il cinema, lo sport, il gioco. Basta con la sola ora d’aria!

E non ci saranno tante guardie, quanto un corpo d’insegnanti, psicologi, uomini di cultura impegnati al recupero morale e personale del carcerato..

Le carceri italiane devono essere rapidamente trasformate. Sono inumane, incivili.

 Prof. Arrigo Colombo

.........................

venerdì 19 dicembre 2014

Riflessioni allo Yoga Moka Time: "Badi a come parli e parli come badi"


Divergenze e Discussioni : perchè servono e come far "quadrare il cerchio" :-D :-P

(Riflessioni allo "Yoga Moka Time" - by Sara Stella :-)  )

"Badi a come parli e parli come badi" - Totò 

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La maggior parte di ciò che chiamiamo comunicazione nei momenti di conflitto si riassume nel dire all'altro dove sbaglia. Al che, ovviamente, l'altro ci dice dove sbagliamo noi. E così via, avanti e indietro. Non viene trasmesso niente di utile o di vero. Ci parliamo, ma siamo come due navi che filano nella notte. La chiave è "che ciascuno osservi cosa egli ha fatto e ciò che non ha fatto" e attendere pazientemente che il "fango si depositi". - (C.Joko Beck)

***************************

Nessuno è immune dai diverbi e dalle discussioni, a tutti noi accadono di tanto in tanto, chi più chi meno, chi con qualcuno in particolare, chi con pochi, chi con molti e chi con tutti (questi sono i casi più "tostarelli" :-D )
Pure io a volte discuto per questioni di "principio" o "etiche", accade ... e non ne faccio un problema, accetto questo lato che a volte emerge e vuole precisare, puntualizzare e affermare il suo punto di vista.
Ognuno di noi ha le sue tipologie di discussioni preferite, per qualcuno l'argomento più gettonato è la politica, per un'altro è l'attualità sociale, per un'altro è lo sport, per un'altro ancora la scuola, la famiglia, la coppia, i figli, l'educazione, l'economia, le questioni etiche, le questioni intellettuali, filosofiche, religiose, alimentari, gli stili di vita ... la lista è davvero lunghissima.
Quindi è inutile stare a sindacare sulla questione, così come è inutile e indice di un forte super-io colpevolizzarsi, svalutarsi e paragonarsi agli altri, stando a guardare chi è che ha "l'ego più grosso" :-D (ego spirituale compreso ;-) ).
E' sempre l'ego che dialoga e discute ed è sempre l'ego che giudica chi discute e come discute e perchè discute e che ritiene che gli altri non dovrebbero discutere, ovviamente con questo tipo di ego non si discute, fa tutto da solo :-D
Bene, appurato quindi il fatto che le discussioni e i diverbi accadono e fanno parte della vita, bisogna anche dire che hanno anch'essi una loro utilità, se visti dalla giusta prospettiva e usati per conoscersi sempre più in profondità. 
Infatti, se impariamo a vivere le discussioni, specialmente quelle più "irritanti" con Presenza e Osservazione possiamo scoprire molto su noi stessi: quali tipo di pensieri, atteggiamenti, comportamenti e tipo di percezione fisiche sorgono di volta in volta (di un certo tipo con una persona, di un'altro tipo con con un'altra, di un certo tipo in un contesto, di un'altro tipo in un'altro contesto, e così via). 
Quando abbiamo fatto chiarezza in noi stessi sappiamo con esattezza anche l'azione giusta per noi in quel momento: che può essere scusarsi, ristabilire il dialogo, oppure allontanarci e non parlarci per qualche tempo.
Ciò che dobbiamo fare è accogliere semplicemente ciò che accade come il "passo del momento", senza giudicarsi, senza interpretarlo, senza farne un dramma o un problema da risolvere, senza la pretesa che "tutto si aggiusti e vada a posto", senza sentirsi in colpa e senza attaccarsi a pensieri assurdi, (pensieri che possono sorgere nelle menti di ognuno di noi, e chiunque pratica e ha indagato in se stesso, se è onesto, ammette di averli visti transitare qualche volta), quali:
"non doveva accadere" - "perchè è accaduto?" - "adesso devo subito analizzarmi" - "sono loro che devono analizzarsi e crescere" - "ma guarda che reazione esagerata ha avuto ohmammamia" - "io non dovevo dire/lui-lei non doveva dire" - "e adesso cosa accadrà?" - "cosa penseranno gli altri?" - "che fine farà la mia reputazione?" - "dov'è finita la spiritualità mia, sua, altrui" - "è natale e bisogna essere tutti buoni" ... e molte e altre frasi sul generis ... tutte svalutanti e autosvalutanti degne del miglior censore che ci sia.
Questo censore c'è in ognuno di noi, ogni tanto parla, la sua voce a volte esce all'esterno ... accade ... va semplicemente visto e neutralizzato ... ognuno lo farà secondo i suoi tempi, con pazienza e perseveranza.                                                  Abbiamo tutta la vita per praticare e via via che pratichiamo si trasformerà anche lui da censore grande e minaccioso in un censorino minuscolo e ridicolo, dall'effetto più comico che spaventevole :-)
Quando il cicaleccio del censore e della mente in generale è osservato e accolto così com'è si dissolve da sè e ciò che resta è quiete, silenzio e anche un pizzico di allegria per tutta la buffa storiella andata in scena sullo "schermo della vita".
Ed è questo il chiaro segno che abbiamo mollato la presa e di conseguenza anche il bisogno di voler dirigere e controllare il mondo (inclusi noi stessi e gli altri) ... eventi compresi. 
Passo dopo passo, se si procede con Consapevolezza...presenza ... attenzione
ascolto a ciò che è ... tutto si dispiega meravigliosamente da sè :-)

Fine del post :-)

Buona giornata a chi legge, ha letto o leggerà !!! <3
La maggior parte di ciò che chiamiamo comunicazione nei momenti di conflitto si riassume nel dire all'altro dove sbaglia. Al che, ovviamente, l'altro ci dice dove sbagliamo noi. E così via, avanti e indietro. Non viene trasmesso niente di utile o di vero. Ci parliamo, ma siamo come due navi che filano nella notte. La chiave è "che ciascuno osservi cosa egli ha fatto e ciò che non ha fatto" e attendere pazientemente che il "fango si depositi".  (C.Joko Beck)

Nessuno è immune dai diverbi e dalle discussioni, a tutti noi accadono di tanto in tanto, chi più chi meno, chi con qualcuno in particolare, chi con pochi, chi con molti e chi con tutti (questi sono i casi più "tostarelli")

Pure io a volte discuto per questioni di "principio" o "etiche", accade ... e non ne faccio un problema, accetto questo lato che a volte emerge e vuole precisare, puntualizzare e affermare il suo punto di vista.

Ognuno di noi ha le sue tipologie di discussioni preferite, per qualcuno l'argomento più gettonato è la politica, per un'altro è l'attualità sociale, per un'altro è lo sport, per un'altro ancora la scuola, la famiglia, la coppia, i figli, l'educazione, l'economia, le questioni etiche, le questioni intellettuali, filosofiche, religiose, alimentari, gli stili di vita ... la lista è davvero lunghissima.

Quindi è inutile stare a sindacare sulla questione, così come è inutile e indice di un forte super-io colpevolizzarsi, svalutarsi e paragonarsi agli altri, stando a guardare chi è che ha "l'ego più grosso"  (ego spirituale compreso  ).
E' sempre l'ego che dialoga e discute ed è sempre l'ego che giudica chi discute e come discute e perchè discute e che ritiene che gli altri non dovrebbero discutere, ovviamente con questo tipo di ego non si discute, fa tutto da solo 
Bene, appurato quindi il fatto che le discussioni e i diverbi accadono e fanno parte della vita, bisogna anche dire che hanno anch'essi una loro utilità, se visti dalla giusta prospettiva e usati per conoscersi sempre più in profondità. 

Infatti, se impariamo a vivere le discussioni, specialmente quelle più "irritanti" con Presenza e Osservazione possiamo scoprire molto su noi stessi: quali tipo di pensieri, atteggiamenti, comportamenti e tipo di percezione fisiche sorgono di volta in volta (di un certo tipo con una persona, di un'altro tipo con con un'altra, di un certo tipo in un contesto, di un'altro tipo in un'altro contesto, e così via). 

Quando abbiamo fatto chiarezza in noi stessi sappiamo con esattezza anche l'azione giusta per noi in quel momento: che può essere scusarsi, ristabilire il dialogo, oppure allontanarci e non parlarci per qualche tempo.
Ciò che dobbiamo fare è accogliere semplicemente ciò che accade come il "passo del momento", senza giudicarsi, senza interpretarlo, senza farne un dramma o un problema da risolvere, senza la pretesa che "tutto si aggiusti e vada a posto", senza sentirsi in colpa e senza attaccarsi a pensieri assurdi, (pensieri che possono sorgere nelle menti di ognuno di noi, e chiunque pratica e ha indagato in se stesso, se è onesto, ammette di averli visti transitare qualche volta), quali:
"non doveva accadere" - "perché è accaduto?" - "adesso devo subito analizzarmi" - "sono loro che devono analizzarsi e crescere" - "ma guarda che reazione esagerata ha avuto ohmammamia" - "io non dovevo dire/lui-lei non doveva dire" - "e adesso cosa accadrà?" - "cosa penseranno gli altri?" - "che fine farà la mia reputazione?" - "dov'è finita la spiritualità mia, sua, altrui" - "è natale e bisogna essere tutti buoni" ... e molte e altre frasi sul generis ... tutte svalutanti e autosvalutanti degne del miglior censore che ci sia.

Questo censore c'è in ognuno di noi, ogni tanto parla, la sua voce a volte esce all'esterno ... accade ... va semplicemente visto e neutralizzato ... ognuno lo farà secondo i suoi tempi, con pazienza e perseveranza. Abbiamo tutta la vita per praticare e via via che pratichiamo si trasformerà anche lui da censore grande e minaccioso in un censorino minuscolo e ridicolo, dall'effetto più comico che spaventevole 
Quando il cicaleccio del censore e della mente in generale è osservato e accolto così com'è si dissolve da sè e ciò che resta è quiete, silenzio e anche un pizzico di allegria per tutta la buffa storiella andata in scena sullo "schermo della vita".
Ed è questo il chiaro segno che abbiamo mollato la presa e di conseguenza anche il bisogno di voler dirigere e controllare il mondo (inclusi noi stessi e gli altri) ... eventi compresi. 

Passo dopo passo, se si procede con Consapevolezza...presenza ... attenzione
ascolto a ciò che è ... tutto si dispiega meravigliosamente da sé. 

Buona giornata a chi legge, ha letto o leggerà !!! 

Sara Stella