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lunedì 30 aprile 2012

Le Tremiti non sono più in vendita - Il bando del comune è andato deserto.... (ben gli sta!)



Repubblica - "Isole Tremiti, va a vuoto l´asta dei terreni Appello dei Verdi: "Basta speculazioni". Il bando era stato pubblicato dal commissario prefettizio, Carmela Palumbo, con l´obiettivo di coprire gran parte del deficit comunale incassando almeno 4 milioni di euro. "L´alternativa è la dichiarazione di dissesto del Comune", ha detto il commissario. Il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, ha chiesto al ministro dell´Ambiente, Corrado Clini, e al presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, che vengano dichiarate inedificabili tutte le aree delle Tremiti"

Terreni sulle isole Tremiti

Questi terreni avrebbero dovuto essere acquistati dalla Collettività, da quel che oggi, per abitudine storica, ancora chiamiamo Stato. Lo Stato, fin dall'avvento della nostra Repubblica, avrebbe dovuto acquistare negli anni tutte le terre che desiderava preservare o farne l'uso che desiderava. Se non che il denaro tolto alla Collettività con le tasse è stato sperperato edificando una Funzione Pubblica rigorosamente clientelare, truffaldina, che più passava il tempo meno produceva e più cadeva in passivo, ed il patrimonio immobiliare pubblico invece di arricchirsi s'è ridotto ai minimi termini.

Se i docenti universitari, i veri potenti perchè tanto i politici quanto i ricchi si rivolgono loro per redarre le leggi, fossero state persone per bene, avrebbero chiarito il senso dell'aver acquisito noi tutti, con la sovraggiunta sovranità popolare, una Res Publica. I baroni avrebbero poi dovuto spiegare a fondo la differenza tra la comproprietà pubblica e le proprietà private. Se i docenti avessero fatto il loro dovere, se avessero fatto avanzare la nostra cultura, dalla sua passata condizione monarchico/tirannica ad una realmente democratica, avrebbero separato con decisione il pubblico dal privato, la comproprietà collettiva del popolo italiano dalle proprietà individuali e societarie private.

Invece questa brutta gente, che ancora oggi confonde le cose trattando di un "bene comune" mai qualificato completamente, ha badato a lasciare tutto com'era ai tempi della monarchia e del fascismo, confinando il popolo italiano in una sovranità solo dichiarata ma mai applicata. E tutto questo vergognoso corso della Storia è avvenuto solo perché, se avessero chiarito la differenza tra pubblico e privato, avrebbero dovuto immediatamente restituire al popolo quel malefico posto pubblico fisso che fu dato loro dal duce e dal re, avrebbero dovuto subito rinunciare ad accaparrare il bene comune.

E così ancora oggi ci ritroviamo con uno Stato che impone ai privati la sua indiscutibile volontà, uno Stato onnipresente ed onnicontrollore, solo perché esso non ha mai arricchito anzi ha dissipato il bene comune, la res publica, il patrimonio statale. Invece di provvedere ad ispessire il patrimonio pubblico e gestirlo secondo propria volontà, lo Stato (badate: costituito nella quasi totalità dagli assunti a vita nei pubblici ruoli, dai cosiddetti statali) ha sperperato, dato via per poco e semidistrutto quel che aveva. Al contempo ha preteso imporre sempre più la sua marcia volontà sui privati.

Anche nel campo del lavoro avviene quello che si verifica nell'ambito del territorio. Lo Stato, invece di aprire attività economiche proprie e gestirle come più ritiene opportuno, impostandole all'insegna di una economia pubblica solidale, pretende dai privati quelle garanzie reddituali che esso stesso avrebbe dovuto fornire (non ad una minoranza ma a chiunque ne avesse fatto richiesta) fin dal primo vagito della Repubblica. Se lo Stato facesse il duo dovere, lascerebbe i privati liberi di fare, entro il limite dato dal buon senso di non arrecare danno a nulla e nessuno, quel che più loro occorre. Lo Stato invece, per il mancato chiarimento culturale da parte dei baroni, non fa, non produce, ma comanda. E s'incazza pure!

Tutto quel sistema errato e scorretto che vediamo peggiorare giorno dopo giorno lo si deve innanzitutto ai docenti universitari, ché non hanno mai detto e sviluppato quanto sopra. Senza estrarli dalle nostre Università, s'intende pacificamente, legalmente, civilmente (altrimenti non ci divertiremo nè troveremo sufficiente soddisfazione), il mondo affonderà sempre più. Perché una società progredisce entro i limiti posti dalla sua cultura. Se la cultura non evolve, la società regredisce. Apriamo dunque la Funzione Pubblica tutta, a partire dalle scuole, università e RAI, alla partecipazione di ogni cittadino. E, ove possibile, fanculo i titoli.

Questa analisi l'ha concepita un ex venditore ambulante di fiori, un semi analfabeta. Ben vengano dunque persone semplici, non rincretinite da anni di addomesticamento universitario, perché sapremo fare, sapremo rassettare la società mille volte meglio di quanto abbiano mai fatto i presuntuosi saccenti docenti baroni, accaparratori del sacro Bene Comune.

Danilo D'Antonio

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