Presentazione



In movimento per ecologie, vivere insieme, economia sostenibile, bioregionalismo, esperienza del se' (personal development).

lunedì 20 giugno 2011

Comunità intenzionali, ecovillaggi e co-housing: uscire dalla nicchia.

Di seguito, la relazione che ho presentato al Festival della Città Olistica che ha avuto luogo a Villa Sorra (Castelfranco Emilia) dal 27 al 29 Maggio.

Un breve inquadramento storico.
Prima di entrare nello specifico del movimento italiano delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi, è bene considerare brevemente alcune trasformazioni cruciali cui sta andando incontro il mondo.
Valorizzando un bell’articolo di Federico Rampini, presente su La Repubblica del 13 settembre 2010, segnalo due elementi fondanti del prossimo futuro, importanti per le riflessioni successive di questa relazione:

1) lo spostamento del baricentro di ricchezza e potere da Occidente verso Oriente (senza dimenticare, evidenzia Rampini, che sta emergendo «di prepotenza anche il “sud” con l’America latina ed una sorprendente Africa»);
2) il prossimo trionfo delle megametropoli.

A corollario di quanto appena segnalato « la lotta per le risorse naturali si spingerà verso frontiere sempre più distanti: La conquista del Nuovo Nord (per le riserve d’acqua contenute nei ghiacci dell’Artide e i giacimenti di gas-petrolio sotto la calotta polare) o la sfida per la colonizzazione dello spazio».
Consideriamo ora alcuni dati salienti dell’articolo di Rampini:

- «Il 2010 è stato l’anno del sorpasso storico città-campagna, è la prima volta dalle origini della civiltà umana che gli abitanti delle zone urbane hanno superato i contadini e gli altri residenti rurali».
- Si prevede che entro il 2050 l’area urbana di New York abbia superato i 20 milioni di abitanti, Londra e Parigi i 10 milioni, Tokyo dovrebbe raggiungere i 36 milioni ma «Il boom delle megametropoli è trainato soprattutto dai paesi emergenti».
- «La Cina di The World in 2050 — uno studio dello scienziato Laurence C. Smith, geografo della University of California di Los Angeles — avrà un PIL di 44500 miliardi di dollari, nettamente superiore a quello degli Stati Uniti (35000 miliardi). Subito dietro l’ America sarà incalzata dal prossimo inseguitore, l’India con 27800 miliardi di dollari di PIL. In quinta posizione il Brasile pronto al sorpasso sul Giappone mentre nessun paese europeo si piazzerà nel quintetto dei leaders». Demografia ed economia andranno a braccetto, ragion per cui India e Cina avranno al loro attivo, entro 40 anni, molte megametropoli: Mumbai con 26 milioni di abitanti, Delhi con 22,5 milioni, Calcutta con 20, e Chennai (ex Madras) con oltre 10; Pechino già sfiora, di fatto, i venti milioni di abitanti per non parlare di Chongqing, sul fiume Yangzé che già ne conta, considerata alla luce dei parametri più ampi, circa 30 milioni. «Ma i geografi di Los Angeles catturano perfettamente il nuovo trend che porta all’esplosione urbana in Africa — con Kinshasa, Lagos e il Cairo tutte ai vertici mondiali — e in America latina dove San Paolo e Città del Messico sono proiettate oltre la soglia dei 20 milioni».
- In tutto, su 9,2 miliardi di abitanti della terra nel 2050, ben 6,4 miliardi vivranno nelle città. Il balzo più prodigioso lo farà proprio l’Africa: con 1,2 miliardi di residenti nelle sue metropoli, il continente nero concentrerà quasi un quinto di tutta la popolazione urbana del pianeta».

Il quadro brevemente presentato oltre a non essere dei più confortanti, non mi sembra confortante per l’Occidente ed in particolare per l’Europa il cui potere politico-economico e, di conseguenza, la sua cultura dei diritti sociali verranno, come si può desumere dai dati appena considerati, profondamente ridimensionati.
Non bisogna del resto dimenticare che, anche in virtù dei costi del lavoro ridicoli in Asia e nelle storiche “zone industriali di esportazione” e le conseguenti massicce delocalizzazioni, l’Occidente sta vivendo una vera e propria crisi strutturale.
In altre parole, la tanto temuta crisi economica — soprattutto occidentale —di questi tempi non credo possa avere una sostanziale reversibilità, rappresentando piuttosto il segno di una radicale trasformazione degli assetti geopolitici ed economici mondiali.
C’è chi si sta adattando in fretta, ad esempio la Germania, attraverso le recenti aperture economiche al mercato cinese ma non credo sia difficile constatare quanto vivere in Occidente stia diventando, generalmente, sempre più arduo, con costi della vita sempre più insostenibili e la disoccupazione e la precarietà occupazionale in allarmante crescita.
Considerando ora lo sviluppo smisurato delle metropoli, soprattutto in Asia e nel sud del mondo, il movimento delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi si muove naturalmente in controtendenza ma non si può certo dire che, alla luce dei grandi numeri, stia vivendo una fase storica favorevole per quanto, come vedremo tra breve, è proprio questa fase ferocemente critica a spingere molte persone a scegliere di “vivere insieme”.

Le comunità intenzionali e gli ecovillaggi come possibile soluzione alla crisi della modernità
La crisi strutturale dei nostri paesi, le difficoltà a fare fronte a costi della vita sempre più alti anche in virtù della crescente disoccupazione, può senz’altro favorire scelte di vita comunitaria. Vivere insieme costa, difatti, meno ed insieme si possono affrontare più agevolmente le sfide temibili ― di natura esistenziale oltre che politico-economica ― di questo periodo storico. A questo si aggiunge, in Occidente, il consolidamento dei cosiddetti valori post-materialisti, figli della prosperità post-bellica: più attenzione all’ambiente ed alla qualità della vita, parità tra i sessi, solidarietà, maggiore attenzione alla crescita interiore e meno ad un’ipertrofica crescita economica.
Scegliere di vivere in un co-housing o in un ecovillaggio può rivelarsi dunque, oggi più di ieri, saggio e ne è prova un cospicuo aumento delle esperienze di vita comunitaria in Italia e nel mondo.
Per citare, ad esempio, un’intervista che ho fatto ad Alfredo Camozzi, attuale presidente della RIVE, gli incontri estivi della rete, negli ultimi 3 anni, hanno avuto una frequentazione al di là dell’immaginabile ed un uguale interesse si sta registrano a livello internazionale.
In breve, credo si possa tranquillamente affermare che il movimento delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi stia crescendo di scala pur non essendo naturalmente in grado di promuovere una conversione di massa degli stili di vita, rimanendo, piuttosto, un fenomeno ancora di nicchia.

Individuo, comunità e network comunitari
Chi si occupa di comunità intenzionali ed ecovillaggi sa perfettamente che uno degli aspetti fondamentali del fenomeno è la dialettica tra individuo e comunità e le conseguenti scelte, da effettuarsi in ambito comunitario, in merito allo spazio da lasciare alle esigenze individuali ed a quelle collettive. Di qui, la scelta di avere o meno un’economia condivisa (e, nel caso, a quale livello di condivisione), che genere di spazi individuali e spazi comuni predisporre, quale livello di coinvolgimento ci debba essere sul fronte decisionale, eccetera.
Esiste poi un terzo fattore che è particolarmente attuale oggi. Quello dei network comunitari. In considerazione della fase storica cui si è fatto cenno, io credo che le comunità intenzionali, gli ecovillaggi ed altre formule del vivere insieme (il co-housing e le reti bioregionali) debbano rafforzare il loro lavoro in rete. In altre parole, debbano rendere sempre più efficace il loro potenziale di risposta alla crisi della modernità, proponendosi come un’alternativa non marginale ma praticabile da un numero crescente di persone.
Credo dunque debbano essere, innanzitutto, maggiormente incisivi a livello comunicativo (su questo punto torneremo nel prossimo paragrafo). Troppe persone, ancora oggi, non sanno dell’esistenza dell’eterogenea costellazione del vivere insieme o ancora la identificano, sommariamente, con i cosiddetti “nipoti dei fiori”. Credo inoltre che la costellazione comunitaria debba essere una realtà più dinamica da un punto di vista economico, muovendosi lungo le coordinate di un’altra economia, attenta alla salvaguardia ambientale ed alla crescita in saggezza senza tuttavia dimenticare gli ineludibili aspetti contabili.

La rete delle reti
Considerando ora, specificamente, la situazione italiana, credo che la implementazione di un raccordo tra la RIVE, il mondo del Co-housing e la Rete Bioregionale sia del tutto auspicabile.
Concordo dunque pienamente con il progetto della Rete delle reti proposto da Mario Cecchi (figura carismatica del Popolo degli Elfi) con al prospettiva di “uscire dalla nicchia” e “fare movimento” tendendo decisamente, come sosteneva Alfredo Camozzi riguardo alla RIVE, ad un riconoscimento formale delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi, ad un rapporto interlocutorio positivo con l’Unione Europea e con le Nazioni Unite, dove il GEN ha dei suoi rappresentanti tra le associazioni che devono essere consultate sulle questioni ambientali.
Per quanto riguarda l’utilizzo dei sistemi di comunicazione disponibili oggi, credo davvero non si debba avere «paura di esserci».
Come ho sostenuto altre volte, credo che l’utilizzo delle nuove tecnologie debba essere valorizzato al meglio.
La storia recente ha dimostrato che i blogs o le pagine Facebook non rappresentano solamente spazi virtuali frivoli (critica rivolta soprattutto a Facebook).
Abbiamo ad esempio visto quanto i blogs e le pagine Facebook abbiano avuto un ruolo determinante nelle rivendicazioni di natura politica, economica e sociale del mondo arabo. Sono considerati strumenti di “democrazia virtuale” al punto che diversi governi autoritari ne stanno limitando l’utilizzo (l’ho ad esempio verificato di persona in Turchia dove Blogger non era accessibile).
Considerato che sono free of charge, non vedo davvero il motivo per non utilizzarli di più.
Oggi in rete esistono diversi database delle realtà comunitarie italiane e del mondo del co-housing, una pagina Facebook della RIVE (non vedo, tuttavia, perché la rete non debba essere presente su altri social networks come Twitter o My Space) e diverse di esperienze di co-housing mentre mi sembra poco presente la Rete Bioregionale.
Io propongo di implementare la presenza su internet anche attraverso, ad esempio, blogs da gestirsi insieme, con uno user name ed una password comuni (fruibili da un numero selezionato di persone, rappresentanti di diverse realtà comunitarie del mondo del co-housing e del “bioregionalismo”). Blogs comunitari (blogs e non siti perchè la struttura del blog è di più facile gestione ed è senz’altro più dinamica) che, come tale, possano essere aggiornati con grande frequenza, dove le diverse comunità italiane possano loadare i loro contenuti e possano anche proporre i loro prodotti e servizi, in una prospettiva di, necessario, mutuo appoggio economico.
Progetto più ambizioso, da pianificare scrupolosamente nei dettagli, sarebbe ad esempio quello di un portale della Rete delle reti anche in questo caso da gestirsi, auspicabilmente, in comune, per evitare “comitati centrali” tentando di realizzare, piuttosto, la dimensione decentrata e pluralista del modello stesso della rete.
Credo siano piccoli-grandi passi che possano avere una buona efficacia nel tempo, migliorando la piattaforma comunicativa del mondo comunitario italiano. Qualcuno di buona volontà potrebbe anche incaricarsi di tradurne in inglese alcuni contenuti, creando in questo modo media bilingui e promuovendo una migliore comunicazione comunitaria a livello internazionale.
Tutto ciò non sarebbe naturalmente in concorrenza con quanto c’è già. Una concorrenza deteriore non è difatti nello spirito della rete, in cui tutti dovrebbero lavorare a beneficio complessivo di tutti. Anzi, credo che dovrebbero essere implementate anche le segnalazioni reciproche, in considerazione del fatto che si lavora tutti dalla stessa parte della barricata.
Una migliore comunicazione tra le realtà comunitarie ed un maggiore mutuo sostegno economico possono essere propedeutiche ad ulteriori forme di cooperazione (ad esempio forme di microcredito la cui efficacia ho potuto verificare durante il mio lungo soggiorno nel network comunitario srilankese di Sarvodaya), per consolidare una dimensione di vita che potrà rappresentare, in maniera crescente, un valido rifugio da alcune degenerazioni del mondo ordinario.

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Manuel Olivares www.viverealtrimenti.com

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